L’effetto moltiplicativo di Astra e la call “Mini-Fast” dell’ESA

La sfida lanciata dal partenariato che dà vita ad Astra non si ferma alla sperimentazione tout-court prevista dal progetto stesso. È nella natura di questo percorso, infatti, fungere da “apripista” per ulteriori opportunità di sviluppo nell’ambito della ricerca aerospaziale. 
 

Si tratta, in fondo, di una logica simile che guida gli stessi finanziamenti del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), fonte delle risorse che hanno permesso l’avvio dell’ecosistema Vitality e del suo spoke Astra: abilitare nuove capacità e competenze che non solo permettono di sviluppare ricerca innovativa, ma che possano crescere e durare nel tempo in forma autonoma.
 

È in questo senso che si inserisce una potenziale opportunità che ruota intorno al Crystal Eye, che come abbiamo raccontato nelle scorse settimane rappresenta uno dei cardini del primo work package (WP1) di Astra. L'Agenzia Spaziale Europea (ESA), infatti, ha recentemente lanciato una call in tal senso: “L'ESA emette periodicamente call per idee su future missioni spaziali, che possono variare in base alla tipologia e alle dimensioni della strumentazione scientifica”, racconta Ivan De Mitri, professore ordinario di fisica sperimentale al Gran Sasso Science Institute e responsabile del WP1 in Astra.
 

Esistono missioni più di lungo respiro (a cui ha partecipato anche lo stesso GSSI) e per questo più impegnative, che prevedono lanci nello spazio entro il 2040 e che sono “particolarmente complesse”, come evidenzia lo stesso De Mitri. E poi ci sono call che l’ESA chiama “Mini-Fast”, vale a dire iniziative di finanziamento più rapido e mirato, nate nell’ambito del programma Future Preparation, attraverso uno strumento chiamato appunto FAST (Future-oriented Activities for Space Technologies).
 

In particolare, questa call mira a raccogliere proposte per missioni scientifiche “agili”, a “basso costo”, e con tempi di sviluppo entro il quinquennio. L'obiettivo è valutare l'interesse e la fattibilità di nuovi tipi di missioni all'interno del programma scientifico dell'ESA. "La Mini-Fast è una call pensata per tecnologie innovative, ma già abbondantemente testate, in modo da poter essere lanciate in un arco temporale più ridotto, entro i prossimi cinque anni", rivela il professore del GSSI. 
 

Lo sviluppo del Crystal Eye, che include una compagine di istituzioni scientifiche e industriali, si inserisce in questo contesto, con l'obiettivo di sviluppare prototipi tecnologici avanzati che potrebbero essere poi implementati in fase di lancio nello spazio. Le call Mini-Fast prevedono, infatti, finanziamenti fino a 50 milioni di euro, una cifra oltre dieci volte superiore ai 4,1 milioni previsti per il Crystal Eye. Questo darebbe modo di sviluppare “l’occhio di cristallo” oltre il prototipo.
 

"Tutto il percorso di Astra è essenziale per poter applicare a questa call - ha sottolineato De Mitri, evidenziando come i fondi siano stati fondamentali per raggiungere un livello di preparazione che, altrimenti, sarebbe stato difficile ottenere - i costi necessari per la costruzione del sensore, il lancio e l'operazione in orbita sono molto elevati. Non possono essere affrontati da una singola istituzione. È fondamentale il coinvolgimento di agenzie spaziali come l'agenzia spaziale italiana o la stessa ESA”.
 

Insomma il coinvolgimento delle agenzie internazionali può avere effetti moltiplicativi, generando vortici virtuosi all’interno dell’ecosistema Vitality: "L'obiettivo finale non è solo quello di realizzare una missione spaziale, ma di costruire un sistema che possa continuare a generare innovazione anche oltre il singolo progetto”, conclude il professor De Mitri.
 

L’esito della call di ESA sarà reso pubblico il prossimo autunno. In caso di successo, il Crystal Eye potrà continuare il suo percorso con le proprie gambe, grazie agli input avviati da Astra.
 

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